Lo stralisco
carboncino a mezz'aria. — Il nostro luminoso Imperatore, come certo sai, ha innumerevoli impegni di governo: ti fa sapere per mia voce che non potrà
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cortigiano, e chiese sorridendo al pittore: — Desideri parlarmi, gentile amico? — Sí, lucente signore. — Ti ascolto: ma prima, accogli la mia domanda
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essere chiusa alla tua grazia, che corre dunque il rischio di essere sprecata... La donna velata non abbassò gli occhi. — Permetti che io ti mostri il
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è contro la mia volontà. Si avvicineranno abbastanza al cancello, si faranno vedere: nessuna ti parlerà. Avranno coperto il viso, come è uso, ma i
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. — Cosa ti piacerebbe vedere attorno a te? — chiedeva Sakumat. — Che desiderio hanno i tuoi occhi? — Sono molti, e un po' confusi... Io ho guardato
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belli». «Come si chiama la tredicesima?» chiedeva Gentile, e intanto suonava sul liuto un'aria di festa, una melodia padovana che ben conosceva. «Che ti
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non parli, straniero, — disse Amilah, — ti dirò come ti ho sorpreso: è stato a causa del modo in cui questa mattina, al cancello del giardino, tu mi
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istante la testa, accorata. Poi alzò lo sguardo: — Cosí non ti salverai, straniero. Domattina la tua testa sarà portata al Sultano, insieme al racconto
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per i passi che ti ho fatto sprecare, e per aver interrotto il tuo sonno: ma accadono cose su cui il tuo giudizio è necessario. L'Imperatore lanciò
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istante in cui ci siamo amati, io ti chiedo di scegliere tra me, che sto passando, e questa eterna figura, che già non è piú la mia. Se scegli me, la
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cerca di farlo tu alle povere figure che dipingi, ché per adesso ti escono storte e infelici, e come colpite da varie disgrazie. Studia dunque e lavora
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strada, ce ne scusiamo, non ci accorgevamo del fatto: e poiché noi non siamo ubriachi piú di quanto tu sia prepotente e grosso di maniera, ti augureremo
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carmelitano. — Io ti conosco abbastanza, e le cose che vedo nel tuo cuore, a saperle leggere bene, sono eccellenti. — Vera santità è la tua, Diamante
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. Con voce pacata, come avendo esercitato, senza levar forza, un pudico controllo, continuò il frate: — Dunque ti chiedo, madre, di poter osservare, nel
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vita... A proposito delle quali, frate Filippo, è necessario che ti informi di alcune cose. — Ti ascolto, madre Pia. — Benché, come sai, il nostro non
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sorpresa, stando remissiva a testa china. — Non desidero fare questioni d'obbedienza, suor Marta, — diceva la badessa. — Se quanto ti è chiesto disturba la
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mi perdoni Iddio, perché non ti volti a guardare ogni donna, come sempre fai, a tua gran colpa. — Una malattia forse ce l'ho, mio buon fratello
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provvedevano a quel lavoro, il burban fece chiamare il pittore, e cosí parlò: — Ti ho chiamato nella mia casa per fare a mio figlio un dono insolito... Ora
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. Il bambino seguiva con lo sguardo la nascita dell'orizzonte. — Non ti fermare, per favore, — disse. Sakumat aveva ormai superato l'angolo tra le
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Ganuan, signore della terra di Nactumal. Per suo ordine vengo a chiederti di salire alla nostra vallata, nel suo palazzo, perché egli ti vuole parlare
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vento... Avranno la noia, non ti pare? E non sapranno cosa fare. I piú ribelli si raduneranno all'ombra del boccaporto e borbotteranno contro il capitano
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mezzo. Di essere dentro. — Cosí dipingeremo un prato, Madurer. — Ma c'è una cosa. C'è una cosa che ti devo dire... Però ora ho molto sonno. Te la dico
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il fiore giallo. Io ti aiuterò: non sarà difficile. — No. Ho paura di sbagliare. Non voglio piú dipingere, adesso. Sakumat depose il pennello e
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buon riposo. Ora stai bene? — Sì, bene. Un po' debole, come le altre volte. — Resterai a letto qualche giorno. Ti leggerò delle storie. — Benissimo! E
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saranno pronte, e si... — Ti ringrazio, padre. Ma non c'è piú molta fretta. — Perché dici questo? — Perché io e Sakumat abbiamo deciso di lavorare
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si faceva pallido, e respirava con maggiore affanno. — Ricordi quando ti chiesi dove andava il carro di Talya, Madurer? — disse il pittore, — ricordi
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prato. Sai cosa prova? — Ti ascolto, — e Ganuan avvicinò la testa a quella del figlio. — Il prato sente una stanchezza felice, — disse il bambino
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«fratello» è dolce da sentire. Ti chiedo soltanto un cavallo giovane. Il mio era già vecchio quando arrivai: non sopporterebbe il viaggio fra le montagne
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leggende antiche. — Non ti inquietare, mastro Domenico, — sorrise il pittore. — Sono solo ubbie da chierico... Dimmi invece come proseguirà il mio
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burban tenendo una mano del figlio fra le sue, — avevo promesso un dono per la tua undicesima festa, e ti avevo annunciato una sorpresa, perché l'attesa
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di sentire il suono della mia... — Felice l'uomo che parla molte lingue, e ha un solo pensiero, — sorrise Kama Katuray. — Ti prego di seguirmi
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ventre, piegò appena la testa di lato. Poi disse con voce profonda: — Ospite, non spaventarti per la mia visita inattesa: nulla ti minaccia. Considera
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generosità e amicizia, ti ha inviato presso di me, si spiega facilmente: i nostri artisti, pregevoli nell'ornamento, non hanno sufficiente esperienza nel
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